Potrebbe essere stata trovata una spiegazione del fatto che le nane bianche presentino una superficie ricca di metalli: un impulso durante la formazione di tali oggetti potrebbe garantire una prolungata fase di accrescimento a spese dei detriti nello spazio circumstellare.
Le nane bianche sono stelle esaurite, aventi non più di 1,44 volte la massa del Sole. La maggior parte delle stelle è destinata a terminare la propria evoluzione nella forma di una nana bianca. Quando i fuochi della fusione nucleare cessano di ardere, resistendo al peso degli strati stellari esterni, l’astro si contrae per autogravitazione e raggiunge uno stato di equilibrio a densità enormi. Una tipica nana bianca ha grosso modo le stesse dimensioni della Terra, ma è milioni di volte più densa dell’acqua.
Un aspetto ancora misterioso che riguarda questi relitti stellari è l’abbondante presenza di metalli, cioè di elementi chimici pesanti (come calcio, magnesio e silicio), nelle loro superfici. Ci si aspetterebbe che, senza un continuo approvvigionamento, tali sostanze sprofondino velocemente nel nucleo della stella.
Simulazione delle orbite seguite dai planetesimi intorno a una nana bianca. All’inizio i detriti nel disco percorrono orbite circolari prograde, ma l’impulso sulla nana bianca in formazione dà luogo a orbite eccentriche sia prograde (in azzurro) che retrograde (in arancione).
Crediti: Steven Burrows/Madigan
Sappiamo che intorno alle nane bianche si estendono dischi di detriti, formati da planetesimi (blocchi di materiale solido da cui possono avere origine i pianeti), asteroidi, comete e addirittura interi pianeti. E che, di quando in quando, una di tali stelle morenti non disdegna un ultimo pasto. Le spaventose forze di marea esercitate dalle nane bianche possono disgregare qualsiasi corpo minore osi avvicinarsi troppo. Ma come avviene esattamente questo processo? E come può giustificare la metallicità superficiale delle stelle?
Una possibile risposta arriva da uno studio pubblicato su «The Astrophysical Journal Letters» da parte di scienziati della University of Colorado Boulder (USA). Mediante una simulazione al computer, essi pensano di aver trovato un meccanismo in grado di sbrogliare la matassa.
La simulazione considera una nana bianca che, durante la sua formazione, subisce un impulso iniziale dovuto a una perdita asimmetrica di materia. L’impulso altera il moto della stella e dei detriti nel disco che la circonda, portando questi ultimi a seguire orbite allineate ed eccentriche (allungate). In otto casi su dieci, nelle simulazioni, tutti i corpi minori tra le 30 e le 240 UA (unità astronomiche) dalla stella manifestano il comportamento descritto, e il quaranta per cento dei detriti scomparsi era finito su orbite retrograde (opposte a quelle del resto del sistema). (Nota: l’unità astronomica è definita come la distanza media Terra-Sole, ovvero 1 UA = 150 milioni di km circa.)
Le simulazioni, abbracciando un arco di tempo di cento milioni di anni, dimostrano come il processo di accrescimento per distruzione mareale dei detriti possa protrarsi ben più a lungo di quanto si pensasse in precedenza. Quindi la nana bianca avrebbe di che nutrirsi per centinaia di milioni di anni, spiegando così la presenza di metalli sulla sua superficie. Dal momento che moltissimi sistemi planetari, tra miliardi e miliardi di anni, si troveranno nell’orbita di stelle nane bianche (il nostro non fa eccezione), studiare la dinamica di siffatti ambienti vuol dire sbirciare nel lontanissimo futuro dell’universo.
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NASA, ESA, STScI, and G. Bacon (STScI)