La sonda spaziale Juno, nell’orbita di Giove dal 2016 per uno studio a tutto tondo del gigante gassoso, ha ripreso un’immagine del pianeta e della luna galileiana Io prima di eseguire il suo cinquantatreesimo sorvolo. Dal 2021 Juno si trova nella fase estesa della sua missione, dedicata a osservazioni dell’intero sistema gioviano, e a breve compirà due sorvoli ravvicinati della stessa Io.
Lanciata da Cape Canaveral il 5 agosto 2011 e arrivata nell’orbita di Giove il 5 luglio 2016, la sonda Juno della NASA ha concluso la sua missione primaria, dedicata a studi approfonditi del pachidermico pianeta gassoso, nel 2021 ed è ormai nel pieno della sua missione estesa. L’obiettivo è così ampliato all’analisi dell’intero sistema gioviano, del pianeta e delle sue lune.
Dei quasi cento satelliti noti che accompagnano il maggiore tra i pianeti del sistema solare, quattro sono così grandi che, fossero stati in un’orbita eliocentrica, avrebbero potuto essere classificati come pianeti: si tratta delle lune galileiane, o medicee, Io, Europa, Ganimede e Callisto. Io, poco più grande della nostra Luna e distante in media 422 000 km dal centro di Giove, è il più interno dei quattro.
Prima che eseguisse il cinquantatreesimo sorvolo del pianeta, Juno ha scattato una fotografia ritraente Giove e, appunto, la luna Io. Durante la ripresa, l’orbiter distava 395 000 km dalla superficie nuvolosa di Giove e meno di 52 000 km da Io. Tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo è previsto che la sonda compia due sorvoli ravvicinati del satellite, noto per essere il mondo con la più intensa attività vulcanica del sistema solare.
Nel corso della sua orbita, sotto le variabili forze di marea esercitate da Giove e dai vicini Europa e Ganimede, Io subisce enormi effetti di flessione mareale, con alterazioni della sua superficie rocciosa anche di 100 m ogni 1,5 giorni (da comparare alle maree indotte dalla Luna sui mari terrestri, con mutamenti nel livello delle acque di solo qualche metro). Le continue deformazioni rendono bollente l’interno del satellite, facendone teatro di uno spettacolare vulcanesimo: le sonde hanno registrato centinaia di vulcani attivi, laghi e colate di magma, e pennacchi eruttivi che – complici la bassa gravità e la quasi assenza d’atmosfera – s’innalzano per centinaia di kilometri nello spazio.