La colossale struttura nota come «El Gordo», originatasi in seguito alla collisione tra due ammassi di galassie, sembra fare a pugni con le predizioni del modello cosmologico standard dal momento che, stando a una recente ricerca, un simile evento non potrebbe essersi verificato quando l’età dell’universo era metà di quella odierna.
Il modello cosmologico standard è definito anche «modello ΛCDM», dove la lettera greca maiuscola Λ (lambda) rappresenta la costante cosmologica e CDM è l’acronimo di Cold Dark Matter, cioè «materia oscura fredda». La costante cosmologica non è altro che un’interpretazione della misteriosa energia oscura, la sostanza che oggi compone il 69% del contenuto dell’universo e ne sta accelerando l’espansione. La materia oscura fredda, invece, è ciò che si presume costituisca un ulteriore 26% del cosmo: ipotetiche particelle di massa notevole ma invisibili e, pertanto, rivelabili unicamente grazie alla forza gravitazionale che esercitano su materia ordinaria e luce. E proprio la materia a noi familiare (quella che, in pratica, forma gli atomi) chiude la ricetta del contenuto cosmico, contribuendo per un misero 5%. Esatto: tutti i nostri strumenti ci permettono di osservare appena un ventesimo di quanto l’universo effettivamente contiene!
In base al modello ΛCDM le galassie avrebbero iniziato a radunarsi negli ammassi parecchio tempo dopo essersi sviluppate. In altre parole, la struttura su vasta scala del cosmo avrebbe subìto un’evoluzione dalle strutture minori verso quelle più grandi o, come dicono in gergo gli astrofisici, di tipo bottom-up (dal basso all’alto). Se ne deduce che i grandi ammassi di galassie dovrebbero apparire solo in epoche relativamente recenti nella storia dell’universo. Ed è in tale contesto che fa il suo prepotente ingresso in scena l’ammasso ACT-CL J0102-4915, soprannominato «El Gordo» per via della sua massa gargantuesca che, stando alle ultime stime, si aggirerebbe sulle due milioni di miliardi di masse solari!
L’ammasso di galassie «El Gordo» in un’immagine composita nell’infrarosso (JWST) e nei raggi X (CXO).
Crediti: X-ray: NASA/CXC/Rutgers/J. Hughes et al.; Infrared: NASA/ESA/CSA, J.M. Diego (IFCA), B.Frye (Univ. of Arizona), P.Kamieneski, T.Carleton & R.Windhorst (ASU); Image processing: X-ray: L. Frattare; J. Major, K.Arcand (SAO). Infrared: A.Pagan (STScI), J.Summers (ASU), J.C.J.D’Silva (UWA), A.M.Koekemoer (STScI), A.Robotham (UWA), R.Windhorst (ASU)
El Gordo dista dalla Terra 7,3 miliardi di anni luce, pertanto l’immagine che ne osserviamo è dovuta alla luce partita dall’ammasso 7,3 miliardi di anni or sono, quando l’universo aveva meno della metà della sua età presente (che è di 13,8 miliardi di anni). L’osservatorio per i raggi X Chandra (CXO), della NASA, aveva rivelato una vasta nube di gas intergalattico ad altissima temperatura intorno alle galassie di El Gordo che, assieme ai dati delle osservazioni ottiche, indicava come l’ammasso debba essersi formato con la fusione a elevata velocità di due ammassi distinti.
El Gordo è stato ultimamente scrutato negli infrarossi anche con il telescopio spaziale James Webb (JWST), il quale ha permesso di confermare i risultati ottenuti in precedenza con l’Hubble. I ricercatori ne hanno misurato la massa grazie all’effetto di lente gravitazionale: l’ammasso deforma lo spaziotempo circostante e la luce in arrivo da galassie in secondo piano, più lontane, viene deflessa producendo immagini multiple e distorte di queste ultime. L’entità del fenomeno, descritto dalle equazioni della relatività generale di Einstein, consente di ricavare una stima della quantità di materia esistente nell’ammasso.
Un nuovo paper, firmato da E. Asencio, I. Banik e P. Kroupa, utilizza il valore determinato per la massa di El Gordo al fine di confermare quanto già affermato in una pubblicazione antecedente: se il modello ΛCDM fosse corretto, El Gordo non dovrebbe essersi formato. Le simulazioni numeriche al computer dimostrano che una configurazione con le proprietà riscontrate potrebbe nascere soltanto per collisioni degli ammassi progenitori a grandi velocità. Allo stesso tempo, però, una simulazione basata sul modello ΛCDM per un’ampia regione mostra come la formazione di coppie di ammassi con le caratteristiche di quelli che originarono El Gordo sia estremamente inverosimile, in uno stadio tanto antico dell’evoluzione dell’universo.
Gli autori dello stesso lavoro ricordano come siano note altre strutture simili a El Gordo e altrettanto problematiche per il modello cosmologico standard, senza contare il fatto che pure le singole galassie pare abbiano avuto origine più velocemente del previsto. La materia nell’universo, insomma, sembra essersi organizzata nelle strutture che osserviamo troppo in fretta, se assumiamo che il modello ΛCDM sia giusto nella sua forma attuale.
Approfondimenti
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NASA, ESA, J. Jee (Univ. of California, Davis), J. Hughes (Rutgers Univ.), F. Menanteau (Rutgers Univ. & Univ. of Illinois, Urbana-Champaign), C. Sifon (Leiden Obs.), R. Mandelbum (Carnegie Mellon Univ.), L. Barrientos (Univ. Catolica de Chile), and K. Ng (Univ. of California, Davis)